A Mario,
gaudente esteta e maestro d’ironia,
compagno di regate e di crociere,
insieme superammo i 70 gradi Nord,
per sempre mi accompagnerai tra le onde

Si sa che l’inverno è portatore di influenza e di navigazioni a tavolino. Così, frequentemente, ci si trova davanti ad un computer a fantasticare di vela, viaggi ed esplorazioni estive. Cosa mi abbia portato a pianificare una crociera in Russia, esattamente non lo ricordo. Forse la colpevole è Ryan Air, dalle cui rotte low cost prendo ispirazione, o forse Facebook che mi ha condotto su @sailinginrussia, una pagina gestita da Maxine,  una navigatrice olandese di origini russe. Lei è stata il mio primo contatto per pianificare l’estate 2018.
Entrare in Russia, mi spiegò Maxine, ancora oggi non è cosa facile, e per una barca a vela è caldamente suggerito appoggiarsi ad un agente locale. Il referente per tutti i navigatori “occidentali” di lingua inglese è Vladimir Ivankik (per noi Vlad), che ha aiutato, in più di vent’anni di lavoro, diverse centinaia di imbarcazioni a superare le difficoltà della frontiera russa.
Vlad è un uomo estremamente efficiente. Contattato via mail risponde sempre in modo sollecito ed è stato un’utile guida per capire la burocrazia del processo di ingresso in Russia. Ve la riassumo, se per caso qualcuno volesse seguire le nostre orme. Per entrare in Russia occorrono:

1) Lettera di invito di una organizzazione russa, costituita da due pagine: un “voucher” ed una “conferma”. Per le persone normali, che viaggiano in treno o in aereo, viene normalmente fornita dall’agenzia di viaggio, che la ottiene da una corrispondente agenzia russa o da un albergo. Per noi si è dato da fare Vlad, a 30 euro a persona, pagate via Paypal. A fronte del versamento, “istantaneamente”, mi è arrivato il pdf con la scansione dei moduli, in incomprensibile cirillico. Per decrittare il contenuto ho coinvolto la signora Ucraina che pulisce gli uffici dove lavoro. Per l’emissione occorre comunicare già molte informazioni relative ai passaporti, dati anagrafici, nazionalità e naturalmente periodo di permanenza sul territorio russo. Se non siete sicuri sulla durata della vostra vacanza, abbondate nei giorni. Farete in tempo a limitare il periodo quando chiederete il visto effettivo.

2) Un’assicurazione sanitaria integrativa che copra tutto il periodo in cui rimarrete in Russia. Attenzione! Non tutte vanno bene. L’Assicurazione deve coprire geograficamente il mondo intero o esplicitamente la Russia e deve prevedere i costi per il rientro della salma (sich! i russi sono un popolo previdente). Anche sulla presentazione ci sono norme restrittive: tutti i documenti devono essere in originale e con firma autografa a penna dell’assicurando e dell’assicuratore. No fotocopie. Dopo una lunga indagine di mercato abbiamo optato per l’Agenzia Reale di Reggio Emilia (un plauso per l’abnegazione). Aggiustando un poco le date, rispetto alla lettera di invito, cioè accorciando il periodo, abbiamo trovato la formula corretta e per 10 giorni abbiamo speso 33 euro a persona.

3) Passaporto con due pagine libere per i visti, non scaduto, ma che abbia, anzi, ancora sei mesi di validità alla data del rientro.

4) Una foto tessera formato 3,5 x 4,5. La foto deve rispettare un’infinità di requisiti come diligentemente descritto nel documento https://vhs-italy.com/data/vhs-italy.com/docs/Pilt4viisa_it.pdf.

5) Una richiesta di visto alle autorità russe. Si può compilare online sul sito https://vhs-italy.com/. Sembra facile… Ho prodotto una guida in pdf per assistere l’equipaggio nelle risposte. Alla fine occorre stampare il modulo senza ridimensionare la pagina, come invece si farebbe normalmente con l’Adobe Reader. A questo punto le date scelte diventano vincolanti. La domanda, i documenti ed il passaporto vanno portati in un consolato russo o in un centro visti autorizzato (noi abbiamo scelto quello di Verona), dove potrete ritirare il passaporto vistato, dopo una decina di giorni. La consegna può essere fatta da soggetto delegato con apposito modulo. Il rilascio del visto ci è costato 65 euro a persona, i due viaggi a Verona circa 60 euro l’uno.

6) Crew list a profusione. Le avevo predisposte prima della partenza, seguendo un suggerimento di Vlad. Ne ho utilizzate almeno una o due per ogni passaggio di frontiera, quindi nel complesso almeno 5-6. Su ogni crew list avevo riportato i dati dell’imbarcazione e quelli dell’equipaggio (nome, cognome, nascita, residenza, passaporto e cittadinanza).

Ed ora, finalmente, temi più nautici, cominciando dall’imbarcazione. Incrociando i costi dei voli con quelli delle disponibilità delle barche, la scelta è ricaduta sulla capitale dell’Estonia: Tallinn. Lì il charter Nord Sail ci ha messo a disposizione la Queen Ann, un Oceanis 43 con 4 cabine. Le barche in locazione non sono tante ed occorre prenotare con largo anticipo: noi ci siamo mossi già a gennaio. Attenzione agli aspetti assicurativi. La navigazione in acque russe richiede una Casco supplementare: a noi la copertura integrativa è costata 200 euro. Anche dell’imbarcazione dovrete anticipare ai russi molte informazioni: nome, lunghezza, baglio e pescaggio, numero di registrazione, colore dello scafo, numero velico, tipo e matricola del motore, porto di origine e call sign.

Per concludere la disanima burocratico-finanziaria segnalo che se volete l’assistenza di Vlad in frontiera, dove nessuno parla inglese (o se lo parla, fa finta di no), dovrete pagare il disturbo al nostro amico. Se concordate un costo orario valutate che le ore in Russia scorrono veloci, specie in frontiera. Noi alla fine gli abbiamo lasciato 150 euro.

Riassumendo tutti gli adempimenti elencati precedentemente, con un equipaggio da 8 persone, l’ingresso in acque russe costa circa 190 euro a persona, solo per la burocrazia.

E veniamo al mare. La nostra area di navigazione è quella indicata sulle carte come Golfo di Finlandia. Dopo aver affrontato le correnti della Bretagna e le bizzarre maree del Mare del Nord, un’area di mare quasi priva di escursione di marea, era già un presupposto incoraggiante per la vacanza. Lo studio del portolano del Baltico mi ha portato a pianificare un itinerario che toccasse anche la costa sud della Finlandia, da cui il nome “Il Tre Nazioni” con cui continuiamo ancora oggi a ricordare il nostro viaggio.

Tallinn dista da Helsinki poco più di 40 miglia nautiche, mentre la profondità del golfo che si allunga verso est è di oltre 150 miglia; nell’estremità più orientale si trova San Pietroburgo, nostra ambiziosa destinazione russa. Tutto questo mare è stato lungamente ghiacciato durante antiche ere geologiche. La pressione dei ghiacci sui fondali è stata enorme, e tutta la morfologia della costa ne ha subito grandi modificazioni. La fine dell’era glaciale ha liberato tanta energia dalle terre compresse che ancora oggi il suolo delle regioni baltiche del nord si solleva al ritmo di un metro al secolo. Basta concentrarsi su una carta nautica o fare zoom su una app di navigazione, per osservare migliaia di scogli ed isolette, che si estendono a sud della Finlandia, fino ad oltre cinque miglia dalla costa. I navigatori locali tra quelle isolette ipotizzano passaggi protetti e li indicano sulle carte con linee su cui sono segnati i pescaggi minimi. Noi abbiamo preferito un atteggiamento prudenziale e le nostre rotte sono state disegnate più in mare aperto. Anche il nord dell’Estonia presenta numerose insidie, ma in numero meno cospicuo. Il vantaggio di tutti questi ostacoli in mare aperto, sempre indicati da segnali laterali e cardinali di tutti i tipi è che nell’equipaggio, a fine vacanza, la capacità di riconoscere le segnalazioni marittime era cresciuta in maniera significativa.

Peccato un po’ per il vento, come sempre troppo forte o troppo debole, e comunque spesso contrario alla nostra direzione: ha un po’ condizionato le nostre scelte di navigazione, così come lo hanno fatto le prescrizioni russe sul diporto nautico. Ma questo ve lo dettaglierò nel seguito.

Un’ultima curiosità relativa al sistema baltico di ormeggio, che, in realtà, non abbiamo mai avuto modo di sperimentare praticamente. Nei marina i corpi morti o le trappe sono sostituite da boe con un grande anello sopra, ancorate al fondo e dislocate in file a distanze crescenti dal pontile. La scelta della boa è rilevante, perché lo spazio tra la stessa ed il pontile deve essere superiore alla lunghezza dell’imbarcazione, e non sempre il navigatore mediterraneo ha l’occhio addestrato per la valutazione. Nell’avvicinarsi di prua alla banchina si transita accanto alla boa e con un ferro ad uncino, simile per certi versi ad un mezzo marinaio (il nostro aveva anche una sicura a molla) si aggancia la boa. Fissata all’altra estremità dell’uncino la parte tessile della cima d’ormeggio viene filata fino a quando la prua non si trova sufficientemente vicina alla banchina da consentire la discesa, poi si dà volta sulle bitte. L’altezza dei pontili, permette spesso una discesa a terra agevole anche da prua, ma se così non vi piace, alla stessa maniera può essere effettuata la manovra di poppa. Arpionare la boa da prua richiede, però, una qualche abilità da baleniere in più.

L’ancoraggio invece non è molto diffuso, come ci ha ribadito il nostro charter durante il check in.

E veniamo alla cronaca giornaliera, per chi volesse ripercorre le nostre tappe. La nostra traccia la trovate qui

Giorno 0: Tallinn – Tallinn (33 NM). Dopo una giornata trascorsa a far turismo nella capitale estone (nel complesso una bella città) verso le 17 al Pirita Marina saliamo a bordo della Queen Ann, dove ci accolgono Liina e Lauri. Dopo il check-in chiedo a Lauri quale consiglio mi possa dare per la Russia: la sua risposta, “non andarci” è lo specchio del sentimento che gli estoni ancora provano per i russi, che per anni li hanno occupati. Al mio tentativo di avere spiegazioni sul perché non andare, la seconda risposta è altrettanto tagliente: “perché sono russi”. Ve lo anticipo, ma al ritorno mi sarei trovato d’accordo con lui. Ore 18.30. L’equipaggio intorpidito da una giornata di passeggio chiede di andare in mare. Il comandante ha qualche perplessità in più. La prima tappa verso Vergi, ultimo porto di uscita estone, è lunga, ma forse potremmo far rotta su Haapasaari, posto di frontiera finlandese. Abbiamo 100 miglia da percorrere ed una partenza serale con navigazione in notturna limiterebbe il rischio di arrivare di notte. Mi faccio convincere. Le prime miglia sono gradevoli perché la costa ci protegge da un vento di nord est che soffia vivace. Appena scapoliamo l’isola di Aegna si apre un fetch di 100 miglia e arriva l’onda. L’equipaggio in buona parte restituisce il pranzo al mare. Scende l’oscurità e ci sono sempre meno braccia attive in pozzetto. Alla fine ci guardiamo (quelli rimasti) e decidiamo di fare la cosa più saggia, rientrare a Tallin. L’oscurità scende alle 23 e per le ultime miglia procediamo con le luci di navigazione accese. Alle 00.30 siamo in banchina, con una piccola difficoltà: Il nostro posto barca è occupato da un gommone. Con un po’ di fatica riusciamo a entrare. Dieci minuti e comincia a piovere, ma noi siamo già a dormire.

Giorno 1: Tallinn – Helsinki (58 NM). Ci alziamo e Lauri, sul pontile, ci guarda strani. Siamo partiti baldanzosi per una tratta da 100 miglia ed al mattino ci ritrova qui. Si chiede se c’è stato qualche problema. Lo rassicuriamo che non sono stati problemi “tecnici”. Alle 10.30 togliamo le cime d’ormeggio per un secondo tentativo. Di nuovo procedere verso est è proibitivo, con vento ed onda formata contro di noi. La rotta è buona però per Helsinki e decidiamo di dirigerci lì. Il vento supera i 25 Kn. Decine e decine di cardinali di tutti i tipi, mentre incrociamo più volte di bolina un paio di barche finlandesi che rientrano in porto. Qualche disagio per l’equipaggio. Durante una “sosta tecnica” la porta del bagno viene divelta. Resterà sul letto della cabina di poppa fino all’arrivo. Navigando dobbiamo stare al margine di una TSS. Di fronte all’isola di Vallisaari (saremo parenti?) si ammaina e si accende il motore. Decidiamo di optare per il marina più vicino al centro città, dove troviamo posto alle 21, su un finger. Costo 60 euro per notte. Bagni con docce e sauna “finlandese”. Calore intenso.

Giorno 3: Helsinki – Haapasaari (86 NM). Mentre fuori continua a soffiare un nord est prepotente dirottiamo su un giorno e mezzo di turismo nella capitale finlandese. Alle 18 del 31 luglio, con una previsione di venti in attenuazione, stacchiamo gli ormeggi direzione Haapasaari. A vela ci riportiamo al largo, in acque libere, poi viriamo verso est, Il vento cala e si procede a motore. Il lungo crepuscolo della notte baltica e la luna rossa che sia alza dal mare ci accompagnano verso la notte. La navigazione procede tranquilla, a tratti con randa e genoa, con l’ausilio del pilota automatico. All’improvviso la barca perde la rotta e in pozzetto si avverte odore di plastica bruciata. Strumentazione fuori uso: perdiamo il pilota, il cartografico, la stazione del vento e l’ecoscandaglio. Viene attivato, sotto coperta, il Navionics di backup. Rimandiamo all’alba un’analisi più precisa. Ci avviciniamo alle acque territoriali russe. Alcune navi ci chiamano via radio avvertendoci che la nostra rotta ci sta portando a superare il confine. Ne eravamo consapevoli, infatti accostiamo verso nord a motore. La sensazione che rimane adosso è però sgradevole: non siamo più abituati alle frontiere “vere”. Abbandoniamo la via principale per tagliare un po’ tra le isolette, con qualche apprensione visto che siamo senza sonar e che i fondali in alcuni punti sono di poco superiori ai tre metri, ma va tutto bene. Alle 11.15 siamo all’inglese sul pontile doganale di Haapasaari.

Giorno 4: Haapasaari – Kronštadt (82 NM). Haapasaari è con Vergi in Estonia il punto di partenza per le imbarcazioni da diporto che si dirigono in Russia. Non esistono molte altre soluzioni: se vuoi andare in Russia dalla Finlandia devi passare di qui. L’isola è il posto giusto se siete stressati: strade di terra, d’erba e di grossi sassi, una ventina di abitazioni, una chiesetta, un bar/minimercato ed un porticciolo. Non penso ci siano automobili. Il pericolo maggiore sono le zecche che in tutto il Baltico possono causare una grave forma di encefalite. Ci accoglie un comprensivo militare finlandese. Gli spieghiamo che abbiamo gli strumenti in avaria e che abbiamo bisogno di tempo per verificare il guasto. Ce lo accorda e prendiamo appuntamento per il pomeriggio per le pratiche doganali. L’ispezione dell’impianto elettrico ci consente di capire che abbiamo un corto circuito che brucia un fusibile di protezione. Lo sostituiamo e quello di riserva salta istantaneamente. Quello successivo ha un maggiore amperaggio, non salta, ma l’odore di bruciato ci induce a staccare tutto con la massima rapidità. Un commando inviato alla ricerca di fusibili torna con le pive nel sacco: nulla di utile è reperibile nel magazzino del paese: non è l’Amazon Store. La navigazione con il Navionics mi sembra possibile. Le ultime miglia saranno in canali dragati a 4m con frequenti segnali laterali. Decidiamo, quindi, di proseguire. Alle 18, consegnate le prime due crew list, stacchiamo le cime d’ormeggio. Poche miglia ed entriamo in acque russe. Come da istruzioni chiamiamo la Russian Coast Guard sul canale 74 per avvisare che stiamo entrando. Il vento latita: si procede prevalentemente a motore al margine (interno) di una TSS. Le istruzioni di Vlad sono categoriche: non uscire dalla corsia. Ai lati si susseguono aree a navigazione interdetta e si favoleggia di sommergibili russi che spuntano accanto ai navigatori indisciplinati. Comunque decidiamo di non verificare le voci e restiamo nell’area consentita. Una navigazione notturna tranquilla, guidati dalle luci dei segnali cardinali, con l’unica preoccupazione delle navi in fila indiana che quasi ti sfiorano. Nulla da segnalare, a parte il fatto che stavamo entrando in una rotonda contromano. La mattina alle 9 siamo in vista di Kronštadt, isola doganale russa. L’accesso al bacino di San Pietroburgo è possibile solo di qui ed i russi, se necessario, possono chiudersi dentro bloccando l’apertura con la rotazione di due giganteschi cancelli mobili (il termine gigantesco potrebbe non far giustizia a tale opera dell’uomo). Alle 10 siamo in banchina e troviamo Vlad ad attenderci, oltre ad una piccola delegazione di militari russi di entrambi i sessi. Il trattamento, nonostante Vlad, è piuttosto rude. Inizialmente nessuno è autorizzato a scendere ed il militare “parla” solo con me. Poi primo riconoscimento della crew che in fila indiana, con i documenti, scende sul pontile. Due militari mi chiedono di accompagnarli sotto coperta. Telecamera accesa in mano mi fanno aprire tutti i vani della barca che ritengono opportuni: via i materassi per accedere ai gavoni sottostanti, armadietti, stipetti, pagliolato, il tutto condito da un atteggiamento per niente affabile. Gli unici vani che non controllano sono quelli che gli indichi tu, per cui mi sentirei di suggerire al contrabbandiere dotato di molto “pelo” di indicare tutti gli stipetti dove nasconde la merce; se dovesse andar male, però, non si venga a lamentare con me. Unica nota positiva è che, nel nostro caso, abbiano trascurato farmaci e cibo. Le norme russe impongono restrizioni sui cibi freschi ed alcuni principi attivi, legali da noi, sono vietati in Russia, ad esempio la codeina. Quando i doganieri si incattiviscono possono chiederti di dimostrare la liceità dei farmaci tramite i foglietti illustrativi (che poi non capirebbero) o anche procedere direttamente al sequestro. Forse su questi aspetti la presenza di Vlad è servita. Dopo l’ispezione tocca anche a me il controllo passaporto. Qui due simpatiche militari russe fingono di non riconoscermi nella foto, in cui sono senza barba. Scena kafkiana, durata un quarto d’ora, in cui in due guardano la foto e poi me, e poi la foto, e poi me, e così via. Arrivo a suggerire di procurarmi una lametta… Accertata la mia idoneità mancherebbe ancora un’ispezione doganale (forse quella avrebbe dovuto indagare cibo, alcool e farmaci). Attendiamo l’ispettore più di due ore (in cui stiamo retribuendo Vlad) poi otteniamo un improvviso via libera. Vlad ci indica il posto barca che ci ha riservato a San Pietroburgo e ci segue in auto.

Giorno 5: Kronštadt – San Pietroburgo (18 NM). La larghezza del canale che va verso San Pietroburgo si restringe progressivamente, a partire già da Haapasaari. Lasciando Kronštadt la via d’acqua sarà larga un centinaio di metri in tutto, per entrambe le direzioni di marcia, e si restringe ancora andando verso la città. Tutto ben segnalato con verdi e rossi, ma il traffico è intenso. Mercantili, porta container, traghetti, aliscafi superveloci, pescherecci, chiatte. Più di una volta mi sono messo di lato per far transitare navi più veloci. Ci supera anche un grosso sottomarino in emersione (ci sono davvero) con i militari sulla torretta di guardia. Si tratta di un mezzo sicuramente non nucleare, visto il fumo nero che produce spostandosi. Si vedono le torri di cristallo della skyline e lo stadio recentemente ristrutturato per i mondiali, illuminato con colori cangianti. Ultimo ostacolo prima del marina un ponte la cui luce è 25 metri. Il nostro albero da 17 metri neanche lo sfiora, ma passarci sotto, fino all’ultimo, fa, come sempre, trattenere il respiro. Dei due marina presenti sulla foce del fiume siamo ospiti in quello dal nome più altisonante CRYC “Central River Yacht Club”. Il portolano Imray del Baltico, scritto per la Russia da Vlad, lo consiglia rispetto a quello posto sull’altra riva, il KYC “Krestovski Yacht Club”. Il CRYC dovrebbe essere meno rumoroso, mentre il KYC è definito “vibrante” per un disco club nelle vicinanze. Il Central River dovrebbe avere acqua potabile in banchina, mentre al KYC consigliano di non lavarsi nemmeno i denti con l’acqua di rubinetto. Ci fidiamo del consiglio, forse interessato, di Vlad. Oggi possiamo garantire che è “vibrante” anche il CRYC, fino alle 5 del mattino nei weekend, e comunque l’acqua è completamente da evitare anche qui. La struttura è fatiscente (a parte i ristoranti di lusso presenti al piano terra), i servizi igienici al limite del praticabile, le docce, collocate in un seminterrato ingombro di mobili, frigoriferi e dai pavimenti luridi, sono al minimo sindacale. Unico aspetto positivo il costo: 25 euro per notte; la prossima volta, però, vibrerò sull’altra sponda. Il centro della città è raggiungibile con un po’ di gamba ed i mezzi pubblici (un bus ed il metrò). Il costo dell’abbonamento giornaliero senza limiti d’utilizzo è una cifra ridicola: credo che si sia speso meno di 5 euro a persona per 4 giorni interi.

Giorno 10: San Pietroburgo – Kronštadt (19 NM) Tralascio la cronaca a terra, ma San Pietroburgo è la città dell’Hermitage e di mille altri giardini, chiese e palazzi voluti dagli zar: per apprezzarla occorre almeno qualche giorno. Il vento, intanto, è girato ad ovest e soffia impetuoso per tre giornate intere. Il portolano suggerisce di non tentare l’uscita nel Golfo di Finlandia con venti occidentali superiori a forza 4. Noi leggiamo 20-25 Kn in marina, dove la corrente del fiume, contraria al vento, rendono l’ormeggio poco gradevole e poco stabile. Il problema è relativo, in realtà, perché le giornate trascorrono tra chiese e musei. Il comandante ha qualche preoccupazione in più, perché vede approssimarsi la data di scadenza dei visti, l’8 agosto. Così il 7, con una previsione di forte attenuazione nelle successive 12 ore, che sarà seguita da una nuova intensificazione, lasciamo l’ormeggio per tornare all’isola doganale di Kronštadt. Prima però il pieno di gasolio: 90 litri, poco meno di 4.000 rubli, 53 euro. Vorrei far più strada possibile verso ovest prima dell’arrivo del nuovo fronte. Le miglia verso il molo di frontiera sono caratterizzate da un’onda non molto alta, ma contraria e fastidiosa, nonostante il bacino sia quasi chiuso ad occidente. All’arrivo in dogana il film è lo stesso dell’andata. Mi preoccupo di chiedere, come prima cosa, se potrò sostare lì qualche ora, in attesa della finestra meteo che mi aspetto. Il militare borbotta che prima dobbiamo occuparci delle pratiche d’uscita. Siamo l’unica imbarcazione su un pontile che ne potrebbe accogliere almeno 20. La procedura è la medesima dell’andata, compresa la telecamera e la barca rivoltata da cima a fondo. Terminata l’ispezione si prepara una pastasciutta, in attesa di salpare verso sera. Neanche abbiamo finito l’ultima forchettata che via radio VHF, via telefono (con Vlad) e tramite simpatico militare russo in divisa (tutto contemporaneamente) siamo invitati a lasciare l’ormeggio immediatamente. Chiedo se posso almeno avere il tempo di mettermi la cerata, visto che l’onda non si è attenuata per nulla, e la risposta è un glaciale “no”. Ovviamente me ne frego, ma acceleriamo i tempi e lasciamo il pontile con ancora 20 Kn da ovest: tre ore di sofferenza che ci saremmo potuti risparmiare. Qualche ingavonata e parte dell’equipaggio si libera del pranzo mal digerito. Poi, lentamente, il mare si placa.

Giorno 11: Kronštadt – Vergi (125 NM) Navigazione notturna nella TSS prevalentemente a motore. Le stelle cadenti del cielo di agosto ci accompagnano lungo il percorso. Al mattino siamo a sud di Ostrov Gogland, da noi ribattezzata l’Isola di Google, e diamo tela facendo rotta SSW su Vergi. Alle 16 ci chiama la Guardia Costiera Estone e ci chiede che intenzioni abbiamo. Chiariamo che ci stiamo dirigendo a Vergi per le formalità di ingresso e ci augurano buon viaggio. L’arrivo, tra bassi fondali, è guidato da un allineamento ben visibile tra gli alberi. Peccato che il sole al tramonto, molto basso e in controluce, renda lo stesso quasi indistinguibile. Non abbiamo ecoscandaglio e procediamo con prudenza. Arrivo all’inglese accolti dalle guardie di frontiera estoni, che sono venute lì, da non so quale centro, per accoglierci. Si indispettiscono un po’ perché continuiamo a chiedergli se ci sono le docce, e ci fanno capire che sono lì per un altro motivo. Ma, credetemi, è bello essere tornati in Europa. Ormeggio: 15 euro. Vergi è una località turistica all’interno di un bel parco naturale; le luci soffuse color pastello del crepuscolo nordico la rendono ancor più suggestiva. L’annotazione “Portate Autan” sul libro di bordo, vi suggerisce qualcosa sul numero di zanzare presenti.

Giorno 12: Vergi – Tallinn (65 NM) Durante il tragitto, tutto a vela, si alza un SSW progressivamente più intenso. Procediamo di bolina larga, riducendo progressivamente la tela a riva. Cielo nuvoloso e raffiche di 20 Kn. Una navigazione gradevole perché siamo sul lato giusto del Golfo di Finlandia e il fetch ridotto lavora per noi. Alle 21.30 siamo ormeggiati al nostro marina.

Giorno 13: Tallinn – Naissaar – Tallinn (24 NM). Ultimo giorno di navigazione. Il SW di ieri è un po’ rinforzato e l’onda è maggiormente formata. Ci diamo come meta l’Isola di Naissaar, 12 miglia a NW di Pirita Marina. Sfruttiamo un bel traverso che ci fa correre. Le operazioni di atterraggio non sono semplici: il primo tentativo è su un finger esterno troppo esposto alla risacca, posizione insostenibile. Il secondo tentativo, dopo aver quasi rinunciato ed essere usciti e rientrati nel porticciolo, lo facciamo all’inglese su un moletto interno, usando una certa determinazione visto che il vento al traverso ci allontana dalla banchina. L’operazione riesce, ma non si fa in tempo a scendere, che un energumeno estone ci scaccia perché il pontile è privato. Luciano ha il tempo di marcare il territorio e poi riprendiamo il mare, sempre al traverso, verso casa. Alle 17, dopo 510 miglia nautiche nel Golfo di Finlandia, concludiamo la nostra navigazione. Resta solo da segnalare, come gradevole epilogo, la visita al museo navale di Tallinn, tra sommergibili e rompighiaccio. Lì scoprirete che una mina antinave può diventare un comodo barbeque!

P.S. non per tirarcela, ma, a sentire Vlad, che svolge il suo lavoro di supporto logistico dall’apertura delle frontiere russe al diporto nautico, siamo stati il primo equipaggio interamente italiano a raggiungere San Pietroburgo!!!

Pin It on Pinterest

Share This