L’inverno è alle porte e i ricordi sfumano. Prima che tutti particolari diventino opachi, voglio buttare giù qualche nota sulla nostra navigazione estiva olandese in modo da facilitare chi volesse ripercorrere le nostre tracce.

Innanzi tutto perché l’Olanda? I motivi sono diversi: è il paese dei mulini a vento e quindi potevamo sperare di usare più le vele del gasolio; l’inverno precedente era stata ampiamente dibattuta la possibilità dell’acquisto di una barca olandese e mi era restata la curiosità di verificare se davvero in quel paese si naviga a vela e, non ultimo, ci siamo trovati a pianificare la vacanza estiva troppo tardi e in molti altre località la locazione di una barca aveva già raggiunto cifre non abbordabili.

Come sempre il primo passo è stato documentarci su internet. Alcuni articoli ci illustravano belle vacanze tra vela e bicicletta alle Isole Frisoni e la cosa ci è piaciuta. Subito a seguire abbiamo comprato il portolano “Cruising Guide to the Netherlands” l’unico che abbiamo trovato disponibile in vendita. La lettura ci ha un po’ destabilizzato, perché quasi tutte le pagine trattano di navigazioni in canali stretti, con frequenti chiuse e ponti mobili, mentre sul Mare del Nord non si apre quasi nessun marina praticabile (come vedremo qualche eccezione c’è). Nei mari interni l’IJsselmeer ed il Markenmeer i fondali raggiungono al massimo i 4 metri, con molti punti poco sopra i 2 ed il Waddensee tra le dighe e le Frisoni è soggetto a maree che alle sigiziali lo prosciugano quasi completamente.
Ne approfitto subito per una nota nautica. Scordatevi le belle sinusoidi di marea della Bretagna e la regola dei dodicesimi: poco a ovest dell’Olanda, nel mare del Nord, è presente un punto amfidromico. L’onda di marea che proviene dalla Manica incontra l’onda di marea che ha scavallato la Scozia e che sta ridiscendendo verso sud: ne consegue un’inversione dell’onda che genera, proprio davanti alle coste olandesi, due alte e due basse a distanza di pochi minuti. Il libro delle maree olandesi “Tidal tables HP33” è strutturato in modo tale da fornire il livello della marea ogni ora, nelle 24 ore, in modo da rendere l’interpolazione non necessaria. Noi comunque quel volume non siamo riusciti ad acquistarlo dall’Italia (e neanche ci è stato fornito dal charter) per cui abbiamo fatto ricorso ad internet ed al comodo servizio fornito dall’idrografico inglese. Unico limite: le previsioni gratuite sono limitate ai 7 giorni successivi e quindi dovrete consultarlo in navigazione e non nella fase di pianificazione del viaggio. Occhio anche a correggere l’ora legale! Nei mari interni non si è soggetti ad escursioni di marea ed i livelli sono espressi relativamente alla NAP (livello di riferimento di Amsterdam).

L’accesso ad internet non costituisce un problema: 4G ovunque, anche lungo le coste del Mare del Nord, e il roaming europeo ci ha permesso di non ricorrere ad operatori e SIM locali. Per le previsioni abbiamo fatto ricorso prevalente a Windguru, che peraltro è il servizio meteo che i marina mettono tipicamente a disposizione dei naviganti. Occhio solo alla particolarità che l’intensità del vento è spesso espressa sulla scala Beaufort e non in nodi (un 8 non è un giorno di poco vento 😉).

Qualche difficoltà in più relativamente alle comunicazioni radio. Con una certa facilità i marina rispondono al canale VHF 31. Fa una strana impressione girare il commutatore del canale radio, vedere scorrere i numerini e passare improvvisamente da 28 a 66. Il 31 è un canale olandese, ma le radio internazionali non lo supportano (e neanche quella messa a bordo di Lola, la nostra barca olandese). Comunque il telefono è una risorsa alternativa insostituibile: i numeri li trovate tutti sul portolano e su una guida annuale gratuita disponibile in molti marina. Anche il canale 16 è usato in modo un po’ diverso dalle nostre abitudini: moltissime chiamate di imbarcazioni che chiedono supporto per difficoltà minori: carburante, traini, mentre i marina generalmente, su quel canale, non rispondono. L’inglese è utilizzabile senza problemi, mentre l’olandese è incomprensibile sia nella forma scritta che in quella parlata.

E veniamo alle chiuse. La prima la dovevamo affrontare all’uscita del marina, il primo giorno, dopo poco più di 15 minuti di navigazione. Avendo un po’ di esperienza scozzese ero preoccupato, ma non troppo. In realtà il traffico navale è decisamente diverso da quello del Canale di Caledonia. Chiattoni giganti, motoscafi ed imbarcazioni a vela a go go (era sabato pomeriggio e molti stavano già rientrando ad Amsterdam). La sensazione è quella di un neo patentato che deve immettersi in una via di traffico in un orario di punta. Se aspetti il “buco” non entrerai mai, ad un certo punto devi fare un po’ a spallate.
Spesso le chiuse presentano più canali paralleli percorribili, per i diversi sensi di marcia. La prima difficoltà è capire quale utilizzare. Il portolano è indispensabile perché le indicazioni luminose o sonore sono descritte lì, caso per caso, e non esiste uno standard generale. Anche ricorrere alla radio è una risorsa perché ogni chiusa ha un cartello che indica il canale radio utilizzabile per interloquire con il “mastro di chiusa”, ovviamente se il canale non è il 31.
E bisogna anche ricordarsi dei suggerimenti letti sul portolano, relativamente al lato della chiusa da scegliere. Così recita il testo da me liberamente tradotto: “Ho trovato più facile appoggiarmi sul lato sottovento della chiusa ed essere trattenuto lì dal vento, piuttosto che mancare l’aggancio ad una bitta sul lato sopravvento ed oscillare scomodamente e con nessuna possibilità di manovra, con la prua o la poppa vincolata al muro. Nella maggior parte dei casi paga di più dar volta prima alla poppa o ti troverai ad oscillare in modo incontrollato senza più poter vincolarla al muro, in particolare se il vento viene da poppa”. Vi lascio immaginare come ci siamo trovati noi….. E’ stato necessario giuntare due cime per avere una lunghezza sufficiente e che uno di noi scendesse a terra dalla prua per riuscire a bloccare la poppa: per fortuna la durata delle operazioni nelle chiuse, normalmente lente, lasciano il tempo di rimediare alle nostre cazzate (gergo velico).
Il lancio a vuoto della cima su bitte e briccole è stato un fil rouge di tutta la nostra vacanza, anche se devo riconoscere che l’equipaggio ha manifestato notevoli progressi, man mano che i giorni passavano.

La navigazione nei canali, che il portolano ci aveva fatto supporre preponderante, in realtà è una possibilità abbastanza remota. A parte problemi di pescaggio o di altezza dell’albero che precludono alcune vie d’acqua, nella pratica vale il suggerimento del gestore del marina JH Aeolus di Amsterdam che, interrogato sulla possibilità di risalire verso nord lungo un canale interno, ci ha risposto che sì, avremmo potuto farlo, ma che senso aveva allora aver noleggiato una barca a vela? Come dire che ce la saremmo fatta tutta a motore! Messi di fronte all’evidenza a volte si resta senza parole.
Così l’unico canale che abbiamo fatto è quello che collega il Markenmeer all’uscita sul Mare del Nord transitando per Amsterdam, una vera autostrada d’acqua. È talmente ampio che con venti favorevoli (no bordeggio) si può pensare di navigare a vela, ma è sempre meglio avere un occhio per il traffico intenso, anche dai canali laterali. Fate anche attenzione che l’ampiezza del canale è divisa in due parti uguali per i due sensi di circolazione (si naviga a dritta). Noi avvicinandoci alla chiusa sul Mare del Nord ci siamo spostati a sinistra con troppo anticipo, ma imbarcazioni provenienti nel senso inverso ci hanno fatto capire presto, con gesti espliciti, di tornare dalla nostra parte.
Nei mari interni alle dighe sono previste numerose canalizzazioni, ma sono vie obbligate solo per le chiatte. Le barche a vela tagliano da una parte all’altra, prestando un minimo di attenzione ai fondali che al massimo raggiungono i 4 metri.

I marina sono tantissimi. Piccoli borghi hanno magari 3 diversi marina, uno municipale e due privati, tutti con docce, servizi, acqua e luce, generalmente puliti e ben tenuti. Costi “nordici”. A parte le Isole Frisoni (una Rimini olandese) in cui abbiamo pagato ben 42 euro a notte, il resto della vacanza ha visto costi tra 20 e 30 euro a notte, con la ciliegina delle notti ad Amsterdam (di fronte alla stazione Centrale, cioè in pieno centro) a 18 euro a notte. Briccole quasi ovunque, spesso con piccoli finger di un metro o due, che permettono un comodo ingresso di prua e la discesa ad altezza delle sartie. L’aspetto non particolarmente invitante del mare (torbido e giallastro) e l’ampia disponibilità di alternative non ci ha mai fatto considerare di restare in rada per la notte.

E gli olandesi come navigano? Tante, tante, tante barche a vela, molte piccole o tradizionali, con le derive laterali, in un numero mai visto uguale in altri posti da me visitati. E appena si può tutti fuori a sfruttare il vento, che in effetti non è stato assente; mari pieni di vele. Mi sto riferendo ovviamente ai mari interni, in cui non si forma mai un’onda pronunciata, anche se quella che c’è a volte è secca e fastidiosa (chopping sea), perché invece sul Mare del Nord non abbiamo incrociato veramente nessuno.

Un’ultima parola sul charter olandese, base a Lelystad, che ci ha noleggato il Bavaria 38 Lola, nostra compagna di avventure. Per essere cortese li definirei non molto “empatici”. Prima della navigazione avevamo discusso sui termini assicurativi, perché la cauzione di 800 euro, a mio parere troppo bassa, in effetti non copriva navigazioni fuori dalle dighe. Al nostro arrivo un check in sbrigativo, poco incentrato sugli aspetti “marini” dell’imbarcazione e dopo poco più di un’ora nessuno reperibile presso i loro uffici. Al rientro un check out altrettanto “anomalo”, incentrato esclusivamente sull’analisi delle murate della barca, sul conteggio dei salvagenti autogonfiabili e quello di piatti e bicchieri, con relativa contestazione di un graffio minimale sulla fiancata di dritta. Lo avremo fatto noi? Non siamo molto convinti, ma a chiudere i conti ci ha pensato la nostra assicurazione sulla franchigia, e allora va bene così.

Per quelli che non si sono ancora annoiati, qualche nota sulle nostre rotte. La traccia la trovate qui.

Giorno 1: Lelystad – Monnickendam (25 NM). Passata la prima chiusa, una navigazione con un bel vento. Ultime 2 miglia in uno stretto canale dragato, ben segnalato da boe laterali, da seguire con attenzione. Bel paesino con caratteristico carrillon sul campanile e ponticelli su piccoli canali.

Giorno 2: Monnickendam – Amsterdam – Aeolus Marina (24 NM) A vela verso la metropoli. Non troviamo posto nel marina che ci aveva indicato il charter come sicuro atterraggio, murato di barche e con accesso chiuso. Il fato e il portolano ci indirizzano sull’Aeolus Marina, comodo al centro e con ben due supermercati intorno (cambusa risolta). Traghettini gratuiti permettono di attraversare il canale giorno e notte. Due giorni ad Amsterdam a visitare musei di pittori fiamminghi e ad imparare che odore ha la “maria”. Noleggiate biciclette in stazione. Bella opportunità per visitare e gustarsi la città, ma pericolosissima esperienza per la velocità folle a cui procedono i ciclisti autoctoni.

Giorno 4: Amsterdam (Aeolus Marina) – Ijmuiden (16 NM) A motore sotto un nubifragio previsto e puntualmente arrivato, ma il giorno dopo ci aspettiamo un bel libeccio per portarci rapidamente a Nord e procediamo comunque. Passiamo la chiusa verso il Mare del Nord. Il marina è enorme (ci fermiamo troppo esterni ed occorrono 15 minuti per raggiungere i bagni) ed è uno dei pochi esterni alle dighe.

Giorno 5: IJmuiden – Oudeschild (Texel) (42NM). Il meteo è quello previsto con venti fino a 20-25 nodi. Teniamo solo il genoa e saliamo con un bordo unico. Siamo in acque soggette a maree e dietro le Frisoni si incanalano correnti significative (siamo alle sigiziali). Me ne accorgo avvicinandomi al marina che non risponde né alla radio Ch31, né al telefono (chiudono alle 17 sich). Bel semaforo con 3 luci rosse all’ingresso, mentre la corrente mi porta via di lato. “Vorrà dire qualcosa!!!”, sono le mie parole all’equipaggio. Nel mentre persone agitano le mani sul pontile come ad avvertirci di un pericolo imminente. E in effetti esce dal marina una specie di transatlantico (non so come ci stesse dentro). Pericolo scampato e semaforo spento, entriamo anche noi sempre lottando con la forte corrente al traverso.
Luogo di villeggiatura per olandesi Texel è piacevole da percorrere in bici lungo le ciclabili che scorrono vicino a pascoli, mulini e piccoli boschetti. Con una discreta faticata arriviamo ad una nota laguna, zona di riproduzione di varie specie di uccelli. Un posto naturalisticamente gradevole, tra dune, laghetti e vista del Mare del Nord che giustifica lo sforzo profuso pedalando.

Giorno 7: Oudeschild (Texel) – Makkum (24 NM) Attraversiamo il Waddensee prestando attenzione agli orari di partenza (qui l’escursione di marea in alcuni casi unisce le Isole Frisoni alla terraferma) e rientriamo nell’ IJsselmeer attraverso le chiuse. Entriamo a Makkum in un moderno marina piuttosto esterno. Anche il porto municipale, collocato invece accanto al paese avrebbe potuto essere un buon atterraggio. Compro in Olanda stivali irlandesi fatti in Portogallo. Almeno qui hanno assortimento e si riesce a provarli.

Giorno 8: Makkum – Enkhuizen (23NM). Rientrati nei mari interni, con distanze limitate da percorrere, decidiamo di navigare sfruttando i venti favorevoli a costo di andare su e giù come una pallina da flipper. A posteriori una buona strategia: ci divertiamo in barca e ci resta il tempo per un po’ di turismo.
A Enkhuizen ci fermiamo quasi un giorno intero per ammirare il museo storico (vale il biglietto). Accanto al paese, su un’estensione di qualche ettaro, è stata ricostruita una città intera con case, chiese, officine e negozi di un tempo. Dentro personaggi in costume pescano, affumicano salmone e aringhe, producono corde in canapa, lavano i panni, cantano, vendono. Una bellissima giornata di sole ha accompagnato tutto. Se pensate di provarci anche voi il biglietto va comprato presto (dopo le file sono chilometriche).

Giorno 9: Enkhuizen – Urk (13NM) Urk era un isola, ora inglobata nel polder. Tramonto sotto il faro con vista su campi di pale eoliche.

Giorno 10: Urk – Hindeloopen (28 NM). Torniamo a Nord sfruttando il vento (poco). Ad un certo punto nella bonaccia veniamo invasi dagli insetti. Difficile rendere a parole quanti fossero. Forse affermare che era meglio respirare lenti per evitare di ingoiarne a decine può rendere l’idea. Ci diamo alla fuga a motore.
Passiamo un giorno di relax e turismo. La mattina a piedi sotto una pioggerellina fine ed il pomeriggio in treno per visitare Workum. La stazione ferroviaria non è vicina.

Giorno 12: Hindeloopen – Edam (43 NM) Di nuovo a sud verso Enkhuizen, ma questa volta per passare la chiusa verso il Markenmeer. Le imbarcazioni turistiche evitano il ponte mobile perché la nuova chiusa passa sopra un tunnel sottomarino usato per il traffico stradale sulla diga. A Edam, in condizioni meteo perfette e zero vento, manovra da dimenticare (non posso descrivervela perché l’ho dimenticata). In compenso vorrei segnalare due gestori del marina serafici e cortesi, ben organizzati per i turisti, con biciclette disponibili per gli ospiti, ad offerta libera, per raggiungere il paese. Mercato dei formaggi disperso!

Giorno 13: Edam – Hoorn (9.5 NM). Ventone sui 20 nodi per una breve tappa verso il paese che ha dato il nome a Capo Horn. Facciamo gasolio su un tank galleggiante di metallo senza protezioni esterne, soggetto pure ad una certa risacca. Se dovessi individuare un probabile luogo che possa aver procurato il segno sulla murata di dritta, forse questo è il più probabile. Entriamo in porto e, visti i tanti posti disponibili, ci piazziamo senza chiamare via radio. I marina olandesi non apprezzano tanto quest’approccio fai da te. Cercano più volte di convincerci a spostarci, ma io faccio orecchie da mercante, visto i 20 nodi al traverso. Alla fine, con simbolica tirata d’orecchi, restiamo lì dove ci siamo piazzati.

Giorno 14: Hoorn – Marken – Lelystad (38NM) Ancora vento teso. Bella bolina fino a Marken, incrociando barche in regata, senza sfigurare tanto nonostante il nostro Bavaria 38. In porto siamo letteralmente invasi dai passerotti, ed anche il paesino è un piacevole epilogo per il nostro viaggio.

Facili navigazioni con tappe pianificate di giorno in giorno in base al meteo e alla quantità di turismo che si è voluto programmare, insomma una vacanza alla portata di navigatori esperti e meno esperti.

Pin It on Pinterest

Share This